Internet ha dato l’opportunità a molti di far sentire la propria voce.
Sempre più spesso le rivoluzioni per la libertà iniziano attraverso la diffusione di pensieri e posizioni lanciate nel network.
La frase di Umberto Eco, probabilmente, si riferiva alla responsabilità legata al diffondere il proprio pensiero, la propria parola, la propria visione.
Si la voglio leggere in questo modo!
Ogni essere umano ha il diritto di poter condividere il proprio pensiero, ma allo stesso modo ha la responsabilità delle parole che utilizza e dell’impatto che queste hanno su chi le legge. Aggiungerei anche che chi utilizza il diritto di condividere il proprio pensiero, ha il dovere di difenderlo – e di difendersi – da chi, povero nello spirito e scevro di contenuti, non oppone idee e pensieri a contrasto, non argomenta le sue posizioni con le proprie, ma aggredisce la controparte con tesi, accuse e insulti nei confronti della persona.
Ecco, di questi oggi voglio parlare.
Le piattaforme social, e più in generale internet, propongono continuamente contenuti testuali, contenuti visivi, contenuti audio. Chi auspica che il proprio pensiero sia automaticamente accettato dai propri lettori, commette l’errore più grande che si possa commettere nella comunicazione.
Ho sempre amato il confronto anche aspro, ma sano e leale, che contrappone delle idee ad altre, attraverso l’esposizione di fatti, esperienze, argomentazioni a supporto. E quando queste sono incontrovertibili e dimostrano una realtà più vicina alla nostra percezione della stessa, allora è anche giusto cambiare posizione.
Quando questo non avviene, allora si assiste al deperimento dell’essere umano che, incapace di ascoltare, incapace di argomentare, utilizza l’aggressione, l’insulto e l’ineducazione per supportare il proprio pensiero, che automaticamente passa in secondo piano, lasciando il palcoscenico alle invettive più bieche.
Questo è ciò che accade, ormai quotidianamente, sulle piattaforme social.
Ultimamente mi è capitato di leggere un confronto relativo alla legittimità o meno dell’esercizio del self check-in nelle strutture ricettive. A prescindere dove risieda la verità, una parte degli attori di questo scambio, ha iniziato ad offendere ed inveire contro la persona, una rappresentante dell’azienda produttrice.
Ieri mi è capitato di commentare un post ed ecco che il “leone da tastiera” di turno, ha cominciato ad inveire, giudicando la persona e non il contenuto del pensiero.
Anni or sono, capitò una cosa simile, e la controparte, non avendo contenuti, mi chiese quale fosse il mio guadagno come professionista, come se questo avesse impatto sulla legittimità o meno del mio pensiero.
Ecco, a queste persone, povere nello spirito e prive di contenuto, alla costante ricerca di visibilità nell’unico palcoscenico che gli da spazio: i social media, raccomando di fare attenzione che il mondo non necessariamente la pensa nel loro stesso modo e quindi sarebbe il caso di farsene una ragione e se non si è un grado di accettare posizioni diverse dalla propria, allora sarebbe meglio evitare di lasciare i propri contributi come testimonianza dell’incapacità di confrontarsi con il prossimo.
PS: eliminare i post, cancellare il collegamento, bloccare i telefoni, non servirà a crearvi una nuova verginità, servirà soltanto a confermare la vostra debolezza.