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Chi è Davide? Chi è Golia?

Ho una spiccata curiosità.

Quando i numeri, a mio parere, non girano, allora cerco di andare a fondo di essi e cerco di leggerli, per quanto possibile, nel modo più pulito possibile.

È contemporanea la lotta alla gentrificazione ed all’overtourism, ed allo stesso tempo la battaglia che gli studenti stanno portando avanti per un alloggio per i fuori-sede.

Fino ad oggi ce l’hanno raccontata puntando il dito sempre ed impunemente contro un unico e sacrificabile obiettivo: le locazioni brevi.

Alcuni, inconsapevolmente (o magistralmente guidati) fanno di tutta un’erba un fascio, accomunando le diverse tipologie di strutture ricettive extra-alberghiere, altri condannando un utilizzo improprio della proprietà privata a fini commerciali. Basando il nostro rapporto solo ed esclusivamente sulla legalità, ricordiamo che tutte le strutture ricettive extra alberghiere hanno bisogno del rilascio di un’autorizzazione comunale per attivare l’esercizio della ricettività, pertanto non possono essere considerate “abusive”, al contempo anche gli immobili adibiti ad uso turistico (c.d. Locazioni Turistiche), al fine di poter affittare l’immobile per brevi periodi necessitano di una comunicazione al Comune di Roma ed hanno l’obbligo di ottemperare alle leggi sulla locazione, alle leggi Regionali e Comunali in materia, nonché devono rispondere agli obblighi di registrazione come prevede il TULPS – Testo Unico della Legge di Pubblica Sicurezza, di comunicazione dei flussi turistici e della riscossione e riversamento al Comune del contributo di soggiorno. Fintanto quindi che queste regole esistono, sarebbe forse pensabile utilizzare termini diversi da “abusivo”, in quanto l’abusivismo, se si seguono le regole esistenti, non sussiste.

Ecco, quindi, che la mia curiosità si accende e vuole capire quale sia lo scenario reale, con i dati che è possibile consultare.

E allora inizia il viaggio delle statistiche accessibili liberamente che si trovano su internet.

Cominciamo col trovare un dato interessante che riguarda l’andamento demografico della popolazione residente nel Comune di Roma dal 2001 al 2021 dove scopriamo che la popolazione residente è in continuo e costante aumento.

Una nota, i picchi che si vedono nel 2006 e nel 2013 sono dovuti alla contabilizzazione successiva al censimento effettuato in quei due momenti.

Questo ci porta a registrare un aumento di 203.171 residenti nel periodo analizzato.

Da notare che i valori appena evidenziati sono da considerarsi anche a fronte della natalità e dei decessi che, come vediamo nell’immagine nel corso degli ultimi anni, ha aperto una forbice sempre più importante tra l’aumento dei decessi e la diminuzione delle natalità.

Provando ad andare ancor più nel profondo, ovvero analizziamo cosa è accaduto nel centro storico della Capitale dal 2008 al 2013 grazie ai dati del Comune di Roma – Ufficio Anagrafe. In questo periodo di tempo, la popolazione del I° Municipio di Roma è passata da 197.162 persone a 195. 867 persone con un calo di 1.295 persone, pari ad una diminuzione dello 0,7%. Per contro calcolando lo stesso rapporto nello stesso periodo su tutta la città di Roma vediamo che la diminuzione totale è del 3,8% su tutto il territorio della Capitale. Già qui mi sembra cominci a sgretolarsi il concetto di gentrificazione, visto che gli eventuali turisti non vengono considerati “residenti”.

Analizzando ancor più nel profondo ecco che quanto sopra ipotizzato, trova riscontro nei dati:

Dallo schema qui sopra si evince che le fasce di età più giovani sono tendenzialmente in aumento nel I° Municipio, mentre sono sostanzialmente in diminuzione le fasce più alte di età con un -11,2% della fascia 65+ ed un -13,4% per la fascia 85+.

Partendo quindi da questo quadro abbastanza chiaro, dobbiamo anche comprendere come questo scenario impatta sulle abitazioni. Secondo l’ISTAT (Censimento della Popolazione Abitazioni), nel Comune di Roma insistono 1.137.391 immobili residenziali di cui il 26.580 a disposizione del Comune di Roma (fonte: Patrimonio Immobiliare del Comune di Roma), e dobbiamo dire che il Comune si sta muovendo per censirli, riadeguare i canoni di locazione, ecc.. Probabilmente, e compatibilmente con lo scenario legislativo attuale, dovrebbe accelerare il processo al fine di avere un quadro chiaro del patrimonio in proprietà ed in possesso al fine di definire delle politiche abitative degne di una Capitale Europea, degne di Roma.

Andiamo ora ad analizzare un dato molto caro a molti, il dato di insideAriBnB.

Concentriamoci anche qui sul centro storico (I° Municipio).

Vediamo che il sistema registra 13.894 listings (ogni listing equivale ad un annuncio). Cerchiamo di disegnare il mostro che ci viene raccontato.

All’interno di questo numero di listing vi sono 472 camere d’albergo (?), 41 camere condivise, 3.576 camere private, 9.805 appartamenti interi.

Caspita, direte voi.

Questi listing, sempre seguendo i numeri di InsideAirBnB genererebbero un totale medio di 97 notti occupate l’anno, ad una tariffa media di 237 Euro pari ad un reddito aggiuntivo medio di 16.130 Euro.

Ma che significa questo?

Bene, partendo da questa fotografia possiamo ipotizzare che il I° Municipio sia un enorme albergo diffuso composto da 5.071.310 camere in inventario annuale, che diventano 1.347.718 unità abitative occupate durante l’arco di un anno, pari al 26,6% di occupazione media. Queste unità abitative, partendo dall’assunto che possano generare una vendita media pari ad euro 247 a notte, generano circa 319.409.166 euro di potenziale fatturato, quindi dividendo il totale generato su tutte le possibili unità abitative in inventario, ogni unità produce 62,98 Euro (RevPAR).

Certo, visto così, qualche dubbio che i detrattori dell’affitto breve hanno su questa fattispecie potrebbe venire alla mente.

Ma andiamo ancora più a fondo ed incrociamo i dati con quelli messi a disposizione dal Comune di Roma in “open data” dove registriamo che ad Aprile 2023 erano regolarmente registrate al Comune di Roma 13.948 tra strutture ricettive alberghiere, extra-alberghiere ed appartamenti ad uso turistico.

Già vediamo che i numeri iniziano a prendere una conformazione più gestibile e il brutto anatroccolo sta cominciando a trasformarsi….

Eliminiamo da questi calcoli tutte le strutture che per loro natura si allontanano dal “brutto anatroccolo” quindi eliminiamo tutti gli alberghi (benché siano anch’essi registrati sulla piattaforma), eliminiamo i campeggi, le Case per Ferie, i Residence, ecc.

Ecco cosa rimane:

  • Alloggi per uso turistico: 2.007
  • Bed & Breakfast: 1.615
  • Case ed appartamenti per vacanze 5.492
  • Dipendenze alberghiere: 92
  • Guest House Affittacamere: 3.408

Per un totale di 12.551 unità tipo.

Evitiamo di proposito, per essere più trasparenti possibili, di ricordare che una struttura Bed & Breakfast potrebbe avere all’interno della piattaforma più di un listing, che le dipendenze alberghiere possono essere composte da più unità abitative, e che ovviamente anche le Guest House Affittacamere possono contemplare più unità abitative.

Detto questo il bilancio proporrebbe circa 1.343 unità abitative da riferire.

Questo è il mostro da distruggere?

Non è che forse si voglia cambiare anche la Bibbia affidando a Davide il personaggio di Golia e viceversa?

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L’ipocrisia di un mondo decaduto

La pandemia, ce la siamo lasciata alle spalle!

Ormai le mascherine e le restrizioni sembra ce le siamo dimenticate.

Si ricomincia a vivere, con attenzione, ma si ricomincia a vivere.

Vivere significa anche viaggiare, meglio ancora viaggiare è un bisogno fisiologico dell’essere umano, che possiamo anche collocare all’interno della piramide di Maslow nei punti più alti, ovvero dopo la soddisfazione dei bisogni più basici.

Non è quindi difficile immaginare che dopo la contrazione degli spostamenti dovuti all’emergenza covid-19, ogni essere umano abbia voluto appagare il proprio bisogno di viaggiare, essendo cosciente di aver risposto alle esigenze primarie, quindi alle esigenze di sopravvivenza e dell’istinto di conservazione.

Ecco quindi che, tornare alla “normalità”, sembra donare nuovamente serenità ed appagamento, ma purtroppo così non è.

Ricordiamo come, con i cuori spezzati, vedevamo le nostre città vuote, ferme, silenziose. Ricordiamo come, l’industria turistica fu abbattuta in pochissimi giorni dopo l’inizio dei lock-down.

Ma come dicevamo all’inizio, ora è tutto finito, è ora quindi di far riaffiorare quella spocchia di superiorità che ci guida inesorabilmente verso l’implosione, verso un mondo molto vicino a quello descritto da George Orwell nel suo libro “1984”. Dove il mondo era diviso in due, dove la libertà era controllata, dove non esisteva il dialogo con l’altra parte, ma solo la contrapposizione.

Ebbene si! Ormai mentalmente di nuovo “vergini” dalle disgrazie pandemiche, ritornano alla carica concetti come “overtourism, “sustainable tourism”, “gentrificazione”. Ricomincia la caccia alle streghe!

Fermi tutti!

Le regole ci devono essere e non può e non deve esistere l’anarchia turistica.
Su questo credo siamo tutti d’accordo.

Quello dove non siamo d’accordo, è accusare una categoria intera di essere fuori regola e abusiva.

No! Qui non siamo d’accordo!

L’abusivismo ed il “fuori regola” non è uno status esclusivo del mondo extra-alberghiero, ma un problema orizzontale che tocca tutti i settori e tutte le categorie, ricordiamo ad esempio quanto accaduto con Hotel prestigiosi nel centro di Roma: Hotel Plaza.

Cavalcando quindi l’onda dell’abusivismo, della concorrenza sleale, ecco che riaffiorano i termini che avevamo accantonato durante la pandemia: “overtourism”, “sustainable tourism”, “gentrificazione”.

Le streghe son tornate!

No, non è il film di Álex de la Iglesia, ma il “leitmotiv” di chi pur di evitare il cambiamento, pur di negare il cambiamento, racconta scenari apocalittici.

Le strutture ricettive in Italia, purtroppo, sono strutture anacronistiche, per non offendere nessuno, sono per la maggior parte “vintage”, ovvero strutture che rispondevano a dei canoni turistici e di gusto, nei migliori casi, degli anni ’80.

L’avvento della sharing economy, tanto sostenuta anche da molti gestori di hotel vintage, ha portato alla luce un fenomeno che probabilmente era già esistente: gli affitti degli appartamenti. Oggi tutti puntano il dito verso AirBnB, piattaforma che ha favorito l’emersione di un fenomeno turistico ricettivo diverso da quello canonico alberghiero. Ha quindi permesso al turista di comprendere che oltre all’ospitalità tradizionale ne esisteva anche un’altra, che oltre alle tariffe impossibili degli alberghi esistevano soluzioni più alla portata di tutti. In pratica la stessa rivoluzione che accadde nel secondo dopoguerra, quando il viaggio in aereo fu più alla portata di tutti ed industrializzando processi e soluzioni si permise al mondo di poter viaggiare in modo più semplice e soprattutto diffuso.

Oggi, che si è compreso che il mondo alberghiero deve risvegliarsi dal torpore del famigerato pacchetto “romAntica”. Il mondo alberghiero deve risvegliarsi dal descrivere che nelle proprie camere vintage c’è l’asciugacapelli, il telefono o la TVIl mondo è cambiato! I viaggiatori sono cambiati!

La paura della concorrenza sleale (e mi riferisco solo tra strutture che sono ufficialmente autorizzate e che operano seguendo le attuali leggi e regolamenti), dovrebbe far comprendere che forse non è sempre la casa vacanza a concorrere slealmente nei confronti della struttura alberghiera, soprattutto quando un hotel a 5 stelle in Via Veneto a Roma, per gennaio si vendeva in camera doppia con colazione a 34 euro a notte!

Dovremmo interrogarci sull’utilità dell’attuale categorizzazione per stelle delle strutture alberghiere. La categoria deve essere un prestigioso riconoscimento, non un atto dovuto. Hotel che hanno ricevuto le 5 stelle negli anni della Dolce Vita, probabilmente se rivisitati oggi, non meriterebbero neanche 1 stella. Allora perché non sottoporre la categoria a verifica quinquennale? Ovviamente per tutte le strutture alberghiere ed extra-alberghiere.

Dovremmo interrogarci sulle capacità e sulle competenze di molti Direttori d’Albergo e di molte seconde generazioni di Albergatori, che danno per scontato che la professionalità si acquisisce per diritto dinastico e non per studio, sudore, fatica, impegno. Vale anche per chi gestisce le strutture extra-alberghiere ovviamente. Allora perché non istituire un patentino di abilitazione professionale? Per aprire una Farmacia occorre un laureato in Farmacia, per aprire un’Agenzia di Viaggi, occorre un Direttore Tecnico, per un laboratorio di analisi occorre un Direttore Sanitario. Estendiamo questa abilitazione anche per chi gestisce l’ospitalità, alziamo l’asticella delle professionalità.

Costruiamo il futuro dell’accoglienza turistica, non distruggiamolo limitando, inibendo e cancellando.

Per chi lo avesse dimenticato, Roma (e tutto il nostro Bel Paese) solo pochi mesi fa si presentava così! Era la pandemia, oggi molti lo vorrebbero nuovamente così, ma solo per la paura di vivere il presente che ci spinge verso il futuro!

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I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli.

Internet ha dato l’opportunità a molti di far sentire la propria voce.

Sempre più spesso le rivoluzioni per la libertà iniziano attraverso la diffusione di pensieri e posizioni lanciate nel network.

La frase di Umberto Eco, probabilmente, si riferiva alla responsabilità legata al diffondere il proprio pensiero, la propria parola, la propria visione.

Si la voglio leggere in questo modo!

Ogni essere umano ha il diritto di poter condividere il proprio pensiero, ma allo stesso modo ha la responsabilità delle parole che utilizza e dell’impatto che queste hanno su chi le legge. Aggiungerei anche che chi utilizza il diritto di condividere il proprio pensiero, ha il dovere di difenderlo – e di difendersi – da chi, povero nello spirito e scevro di contenuti, non oppone idee e pensieri a contrasto, non argomenta le sue posizioni con le proprie, ma aggredisce la controparte con tesi, accuse e insulti nei confronti della persona.

Ecco, di questi oggi voglio parlare.

Le piattaforme social, e più in generale internet, propongono continuamente contenuti testuali, contenuti visivi, contenuti audio. Chi auspica che il proprio pensiero sia automaticamente accettato dai propri lettori, commette l’errore più grande che si possa commettere nella comunicazione.

Ho sempre amato il confronto anche aspro, ma sano e leale, che contrappone delle idee ad altre, attraverso l’esposizione di fatti, esperienze, argomentazioni a supporto. E quando queste sono incontrovertibili e dimostrano una realtà più vicina alla nostra percezione della stessa, allora è anche giusto cambiare posizione.

Quando questo non avviene, allora si assiste al deperimento dell’essere umano che, incapace di ascoltare, incapace di argomentare, utilizza l’aggressione, l’insulto e l’ineducazione per supportare il proprio pensiero, che automaticamente passa in secondo piano, lasciando il palcoscenico alle invettive più bieche.

Questo è ciò che accade, ormai quotidianamente, sulle piattaforme social.

Ultimamente mi è capitato di leggere un confronto relativo alla legittimità o meno dell’esercizio del self check-in nelle strutture ricettive. A prescindere dove risieda la verità, una parte degli attori di questo scambio, ha iniziato ad offendere ed inveire contro la persona, una rappresentante dell’azienda produttrice.

Ieri mi è capitato di commentare un post ed ecco che il “leone da tastiera” di turno, ha cominciato ad inveire, giudicando la persona e non il contenuto del pensiero.

Anni or sono, capitò una cosa simile, e la controparte, non avendo contenuti, mi chiese quale fosse il mio guadagno come professionista, come se questo avesse impatto sulla legittimità o meno del mio pensiero.

Ecco, a queste persone, povere nello spirito e prive di contenuto, alla costante ricerca di visibilità nell’unico palcoscenico che gli da spazio: i social media, raccomando di fare attenzione che il mondo non necessariamente la pensa nel loro stesso modo e quindi sarebbe il caso di farsene una ragione e se non si è un grado di accettare posizioni diverse dalla propria, allora sarebbe meglio evitare di lasciare i propri contributi come testimonianza dell’incapacità di confrontarsi con il prossimo.

PS: eliminare i post, cancellare il collegamento, bloccare i telefoni, non servirà a crearvi una nuova verginità, servirà soltanto a confermare la vostra debolezza.

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DOVE VAI SE LE SOFT SKILL NON CE L’HAI

Con questo articolo iniziamo un viaggio nel mondo delle soft skills e del Revenue Management del Capitale Umano. Iniziamo a comprendere l’utilità delle soft skills, come identificarle, come comprendere quali possediamo, come comprendere quali non possediamo, perché la consapevolezza è imprescindibile in ogni mercato del lavoro, ma soprattutto nel mercato turistico ricettivo permette al Singolo di proporsi alle Aziende giuste, ed alle Aziende di trovare il Talento giusto.

Perché sono diventate così importanti le soft skill per manager che si rispettino? Quali sono quelle più importanti? Come fare a padroneggiarle? Un nuovo libro di Gian Carlo Cocco svela i segreti per integrare con successo la cultura umanistica con il pensiero critico e la creatività

a cura di Ugo Perugini

Uno dei termini più usati nel linguaggio aziendale è know how, con il quale si identificano le conoscenze necessarie e indispensabili nell’ambito del lavoro, risorse intangibili per poter eccellere in qualsiasi attività professionale e in ogni struttura organizzativa.

Nello specifico, si parla più precisamente di hard skill, cioè di competenze tecniche fondamentali, e di soft skill, competenze comportamentali, altrettanto indispensabili per una formazione completa e soddisfacente.

IL GRANDE SUCCESSO DELLE SOFT SKILL

Negli ultimi tempi, anzi, è aumentata notevolmente l’attenzione che i numerosi corsi destinati a manager di alto livello riservano a temi legati alle soft skill, quali l’empatia, l’intelligenza emotiva, la creatività, la capacità di collaborare, comunicare, gestire i collaboratori, solo per citarne alcuni.

Questi temi sono ormai oggetto anche di MBA e dottorati di ricerca, e l’idea che prende sempre più forza è che siano assolutamente indispensabili per il successo aziendale e, di converso, la loro carenza, crei situazioni difficili nell’ambito delle organizzazioni.

In altri termini, le soft skill non vengono più considerate, come accadeva in passato, ancillari rispetto alle hard skill, cioè alle competenze specifiche e tecniche relative alla propria professionalità.

Oltretutto, mentre queste ultime continuano a evolversi, sono complesse da individuare, visti i rapidissimi progressi del mondo informatico, e richiedono corsi mirati e aggiornamenti continui, le soft skill hanno il vantaggio di poter essere studiate in modo diretto, tecnico, pratico, immediatamente fungibile da parte del discente.

L’IMPORTANTE CONTRIBUTO DEL PROF. GIAN CARLO COCCO: DAL “TIME TO MIND” ALLE “23 SOFT SKILL STRATEGICHE”

Sul tema delle soft skill, il prof. Gian Carlo Cocco, dopo il precedente lavoro, intitolato “Time to Mind”, un manuale di apprendimento individuale e collettivo con l’obiettivo di favorire l’autoformazione, sta ora per pubblicare un nuovo libro, più agile e diretto, che si intitola “23 soft skill strategiche”, che entra nel vivo del tema, analizzando punto per punto i comportamenti più virtuosi che determinano la capacità di qualsiasi persona. (Si veda la sintesi degli argomenti più sotto)

La prima considerazione da fare è che le soft skill non nascono da una visione iperdeterministica della vita, condizionata dall’economia, dal commercio, dalle regole della competizione o dall’egemonia del mercato, come potrebbe sembrare a prima vista.

Una certa cultura umanistica è portata a contrapporre la cultura con la C maiuscola al know how, inteso come insieme ampio e variegato di conoscenze (hard skill) e capacità (soft skill) necessarie a svolgere una determinata attività. Ma è un errore. Anzitutto, le hard skill e le soft skill sono due facce della stessa medaglia che si può definire in termine più ampio “competenza”.

LE SOFT SKILL COME SUPERAMENTO DI UNA CERTA VISIONE UMANISTICA LEGATA AL PASSATO

Le conoscenze, comprese quelle umanistiche, acquisite tramite lo studio e l’esperienza sono importanti perché rappresentano il “bagaglio professionale” di una persona. E tanto più è ampio questo bagaglio quanto più è apprezzabile. Ma tali conoscenze restano inattive se non è possibile integrarle con altre capacità che siano in grado di completarne la professionalità e fare in modo che il sapere acquisito diventi un vero e proprio valore aggiunto.

Nel nostro Paese la cultura umanistica spesso è stata concepita come conservazione di conoscenze del passato, e, anche se non porta con sé elementi funzionali ai compiti che oggi dobbiamo affrontare, considerata comunque utile perché contiene valori etici ed estetici importanti, come la saggezza e la bellezza, che dovrebbero aiutare le persone a riflettere o a pensare meglio. Ammesso che questo sia vero, non è più sufficiente.

Le soft skill si contrappongono a questa visione storico-passatista e conservatrice, e sarebbe sbagliato vederle come una rinascita della cultura umanistica tradizionale sotto altre spoglie, anche se i loro contenuti riguardano aspetti molto vicini a una visione umanistica.

SOFT SKILL: ATTENZIONE ALLE INNOVAZIONI SCIENTIFICHE E AL PENSIERO CRITICO

La cultura umanistica tradizionale, a causa del suo orientamento antropocentrico, ha covato spesso una certa avversione alle innovazioni tecnologiche, assumendo anche posizioni antiscientifiche.

Le soft skill, al contrario, considerano con attenzione questa evoluzione scientifica, ma hanno in sé gli anticorpi per limitarne o ridurne gli effetti deleteri di spersonalizzazione. In altri termini, le soft skill cercano di porre al centro nella loro funzione di formazione l’uomo, non tanto i prodotti realizzati dall’uomo nel passato.

Le nuove realtà produttive hanno bisogno di persone che sappiano esercitare pensiero critico e creatività, non di chi si rifà a un passato più o meno idealizzato.

Come sappiamo bene, le teorie dell’apprendimento sono sempre di fronte a questioni molto rilevanti come, ad esempio, il rapporto tra conoscenze innate e acquisite, l’interdipendenza tra processi di apprendimento e altri processi quali la memoria, l’attenzione.

I VARI MODI DI APPRENDIMENTO NEL RISPETTO DELL’AUTONOMIA DELLA PERSONA

Come è noto, ciò che si può insegnare è solo una parte di ciò che si può imparare e ciò che si può imparare è solo una parte di ciò che si può apprendere. Senza dimenticare l’esistenza dello scarto tra obiettivi, contenuti, metodi di formazione ed effettivo apprendimento, visto che si può apprendere in tanti modi per imitazione, influenzamento, programmazione comportamentale, ecc.

Inoltre, gli obiettivi della formazione possono riguardare diverse aree: conoscenze, capacità, atteggiamenti, in sintesi le aree del sapere, saper-fare e saper-essere.

In questo quadro complesso, tra le offerte formative più interessanti che si pone l’obiettivo di tenere conto di tutte queste variabili, vi è quella del prof. Gian Carlo Cocco, che parte dall’idea che il soggetto che apprende è anzitutto una persona autonoma impegnata in un processo evolutivo che può dirigere e controllare in modo libero e responsabile, in grado anche di confrontarsi con problemi di scelta e, perciò, anche di natura etica e morale.

FAVORIRE UN APPRENDIMENTO DINAMICO ATTRAVERSO FORME DI AUTOCOACHING

L’approccio non si configura come riconducibile a un unico impianto teorico, ma rappresenta una integrazione di saperi e riferimenti metodologici e pratici e rivela un intento costruttivo e non direttivo, favorendo l’espressione della soggettività, facilitata dall’autoindagine e dalla rielaborazione autonoma delle proprie esperienze educative.

In questo percorso, vi sono indicazioni, anche riferite ai classici del pensiero di ogni tempo, che aiutano la ricerca e la scoperta di senso, favoriscono un’apertura alla complessità e al riconoscimento di problematiche contraddittorie ma anche all’integrazione in una cornice globale di conoscenze più ampie e articolate.

Il tutto con un metodo improntato alla riflessione e all’auto-riflessione per favorire processi di problem-solving o, ancor meglio, di problem-finding, con benefici per quanto riguarda l’apprendimento anche in chiave organizzativa.

Insomma, una proposta formativa che evidenzia una valenza “trasformativa” importante che partendo dalla decostruzione dell’ovvio, dei preconcetti e di certi assunti impliciti, percorre la strada di una crescita professionale che è anche personale e umana estremamente significativa.

Chi volesse verificare con un Assessment (valutazione personale) on line il proprio profilo di capacità può contattarci all’indirizzo: info@formathospitality.com

LE “23 SKILL STRATEGICHE” O CAPACITA’

Capacità cognitive
(2)
Capacità dei processi operativi
(4)
Capacità relazionali ed emozionali
(11)
Capacità gestionali ed innovative
(7)
AnalisiProgrammazioneOrientamento alla relazioneOrientamento ai risultati
Soluzione dei ProblemiOrganizazzioneComunicazione verbaleDecisione
ControlloLavorare in gruppoVisione prospettica
DeterminazioneGestione dei gruppiFlessibilità
NegoziazioneDisponibilità all’innovazione
Guida (Leadership)Iniziativa
Gestione dello stress
Gestione dei conflitti
Orientamento al cliente
Integrazione organizzativa
Gestione dei collaboratori

Chi è Gian Carlo Cocco
Negli ultimi quarant’anni è stato dirigente d’azienda e imprenditore nella consulenza all’impresa. Attualmente è Presidente della Time to Mind SA, società internazionale che gestisce una piattaforma telematica di Assessment e sviluppo multilingue. È docente presso l’Università e-Campus alla facoltà di Economia per i corsi “Intelligenze manageriali” ed “Economia del capitale umano”. È autore di moltissimi articoli e venticinque libri.

Articolo pubblicato sul sito: www.milanoincontra.it

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Il significato di ospitalità

ospitalità s. f. [dal lat. hospitalĭtas –atis].  

Qualità di chi è ospitale; cordiale generosità nell’accogliere e trattare gli ospiti: è noto per la sua o.; la tradizionale odi quelle popolazioni

Tra i significati della parola “ospitalità” questo è quello che mi piace di più.

Essere ospitali, non significa dare alloggio a viaggiatori o a viandanti. Significa accogliere in casa propria, nei propri luoghi, nella propria destinazione il passante.

Accogliere il passante, si traduce nel mettersi al suo servizio, bada bene come dicevano nel film “La vita è bella” servire non significa essere servi. Servire è essere indispensabili per un fine, e nel nostro caso il fine è creare ottime memorie nei nostri ospiti, che diverranno indelebili.

Essere ospitali non ha confini territoriali, non ha confini aziendali, non ha confini strutturali. Essere ospitali è un modo di vivere, è una scelta che possiamo fare.

Qualche giorno fa, ricevo di buon mattino un messaggio di un’ospite che mi avvisava che sarebbe arrivata con suo marito ed il bimbo di 6 mesi, verso le 4 del pomeriggio per iniziare la sua vacanza romana. Un po’ sorpreso verifico nel sistema e scopro che la prenotazione era stata richiesta dall’ospite e confermata dal sistema per il 2023…

Avviso immediatamente e scatta la tragedia, sulla strada per l’aeroporto gli ospiti hanno scoperto di non avere alloggio.

Guardo mia moglie che annuisce ed apre la strada per risolvere il problema.

Inizio la ricerca di una soluzione, ricordiamo che siamo in un periodo di alta domanda, e fortunatamente una struttura nelle vicinanze ha disponibilità e gli ospiti trovano immediata soluzione al loro problema.

Questo è ciò che abbiamo fatto, qui di seguito come è stato percepito:

Hi, we are Emilio, Sheyla and Nico (6 months baby), and this may be the only review without actually having stayed at this place. But we can only say good things about the people in charge, especially Riccardo. The thing is that, due to a stupid mistake, we made a reservation for 3 nights but in the wrong year (2023), so when we were on our way to the airport, we just realized about that, and after talking to Riccardo, he found us another place nearby for a wonderful discount, with wonderful host Saya. We are really grateful to Riccardo, his hospitality and help, because he didn’t have to do it, it was our mistake. So we really recommend everyone to try this place as we are sure the people in charge match the wonderful apartments in the best location possible in Rome. And he even left us a present for our child in the new place we stayed. Next time we are back in Rome we will for sure stay at Sweet Collection! Thank you again Riccardo. You are the best!

Credo non vi sia necessità di aggiungere altro.

l’ospitalità e l’essere ospitali è il regalo più grande che possiamo farci!
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L’insostenibile utilità del politically correct!

Dopo la breve parentesi da Commissari Tecnici della nazionale di calcio, vista l’eliminazione dai mondiali, ecco che occorre immediatamente trovare una nuova occupazione all’Italico cittadino.

Quale migliore tema, se non quello creato da Will Smith alla cerimonia di consegna degli Academy Awards, quando, ascoltando una pessima battuta di un umorismo greve del conduttore Chris Rock (ed il tizio non è nuovo a queste uscite ingrate), Will Smith si alza e da uno schiaffo al conduttore, dichiarando ad alta voce di non utilizzare il nome della moglie.

fonte: TGCOM24

Assistiamo quindi alla creazione di due fazioni pro e contro la reazione di Will Smith.

Ecco ricordiamoci per un attimo la parola “reazione”.

Ho letto di molti che si sono scagliati contro quanto Smith ha fatto, giudicandolo un comportamento violento da condannare.

Bene!

Partiamo da un presupposto:

Odio la violenza !

Odio la violenza verbale, comportamentale, psicologica, manesca, armata

e qualsiasi altra forma di violenza possa esistere.

Riccardo Cocco

Detto questo, la violenza con la quale Chris Rock ha aggredito la Sig.ra Smith, è passata sottotono, sovrastata dalla forte reazione di Will Smith.

Will Smith, era beatamente seduto in platea, quando il conduttore dello spettacolo ha aggredito verbalmente la moglie prendendosi gioco di lei utilizzando una forte debolezza della stessa che è la malattia di cui soffre: l’alopecia.

Fonte: Novella 2000

Will ha quindi reagito all’aggressione subita (se aggrediscono mia moglie o un mio congiunto, aggrediscono me!), forse con una reazione spropositata, ma ha reagito ad un’aggressione. Difendendo sua moglie, in una posizione di debolezza rispetto all’aggressore, Will Smith non ha fatto altro che difendere il “mondo della sua famiglia” e delle sue debolezze da un attacco inaspettato, inopportuno e gratuito.

Moltissimi, a partire dalla Sig.ra Lucarelli, hanno pubblicamente dichiarato il dissenso verso il comportamento di Will Smith. Ovvero dichiarano il dissenso nella reazione di qualcuno che viene aggredito nel suo privato.

Mi domando come mai, gli stessi, condannano l’aggressione della Russia verso l’Ucraina.

L’Ucraina, in una posizione di debolezza, ha subito un’aggressione dalla Russia, e sta avendo una reazione alla primaria azione dell’aggressore Russo, ma nel caso di Will Smith tutti a difendere l’aggressore, quindi due pesi e due misure.

Come dicevo all’inizio, odio la violenza a 360°. Odio la violenza verbale, comportamentale, psicologica, manesca, armata e qualsiasi altra forma di violenza possa esistere. Sono contro l’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina, così come sono contro l’aggressione di Chris Rock nei confronti della Sig.ra Smith.

Le reazioni alle azioni iniziali, benché possano diventare spropositate, sono sempre reazioni stimolate da un comportamento subito.

Dovremmo imparare a non utilizzare due pesi e due misure e soprattutto non nasconderci dietro a quel “politically correct” che tutto è meno che corretto e rispettoso nei confronti degli esseri umani. Avere un proprio pensiero, una propria idea e posizione, anche in contrasto con il prossimo, non è uno “sbaglio”, è la testimonianza che gli esseri umani (almeno alcuni) hanno ancora la capacità critica rispetto al comportamento del gregge che, troppo spesso ormai, è più diffuso del primo.

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Come battere la concorrenza da una piattaforma petrolifera!

Sempre più spesso, sia i clienti che gli studenti mi chiedono come affrontare la concorrenza.

La paura della concorrenza ingenera reazioni, a volte di pancia, che creano molti problemi alla struttura stessa, ed alla destinazione.

Come molte volte ricordato, la disciplina del Revenue Management non è legata solo alla dinamicità tariffaria, ma parta da molto prima, ovvero parte dalla creazione del prodotto.

Riuscire a comprendere le peculiarità della struttura ricettiva ed essere in grado di trasferire queste competenze distintive al nostro ospite target, è il vero nodo da sciogliere.

Scopriremmo che, nella maggior parte dei casi, non si è mai vissuto il processo di identificazione delle unicità, non si conosce la tipologia di clientela a cui ci stiamo rivolgendo. Infatti, nella maggior parte dei casi, il prodotto che si è creato è un prodotto molto generalista e destinato ad un’ospite trasversale, un prodotto semplicemente senza carattere.

Sarebbe interessante scoprire quanti dei lettori di questo articolo hanno ben impressa in mente la propria competenza distintiva e quanti la comunicano alla propria clientela.

Ciò che invece dovremmo aver ben chiaro in mente che, oggi più che mai, la specializzazione diretta alla soddisfazione delle esigenze di una nicchia di mercato è la reale formula magica che ci può permettere di eccellere in un mercato sempre più effervescente ed esigente rispetto a singole peculiarità espresse dalle nicchie.

Ma attenzione!

Nessuno ci regala nulla!

Una volta identificata la nostra nicchia di mercato, dobbiamo essere capaci di rispondere alle esigenze di questa clientela al 100%, non possiamo disattendere le sue aspettative, che in caso contrario, non avrebbe pietà nell’abbandonarci immediatamente.  

Quando ci troviamo in difficoltà, cerchiamo di immedesimarci con Mr. Richard Neal che ha il nostro stesso problema ogni giorno, il posizionamento commerciale della sua struttura, una piattaforma petrolifera dismessa a circa 54 Km di distanza dalla terra ferma in North Carolina (US), in acque internazionali.

Struttura di 1 stella, 8 Camere, 11 posti letto, pacchetti settimanali da 1.500 Euro a persona.

La formula magica è quindi:

Prodotto +

Clientela target +

Conoscenza completa delle esigenze e delle abitudini della clientela target +

= Successo

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L’italica arte del lamento alla ricerca di un colpevole.

Questi anni di pandemia ci hanno insegnato, o almeno avremmo dovuto imparare, che nessun settore economico è impermeabile agli eventi.

Abbiamo imparato, con milioni di ore di dirette internet e webinar (e mi ci metto anche io con le mie) che il mondo è cambiato, ciò che abbiamo lasciato nel 2020 non è più attuale, non è replicabile, è storia!

Ma così come le migliori tradizioni, difficilmente si dimenticano alcune abitudini (che certi personaggi vogliono far passare come “confort zone”), anche la tradizione del lamentoso guaito e della spasmodica ricerca di un colpevole non ha perso la sua forza dirompente e “sfragola-gonadi”.

È qualche giorno che leggo in alcuni post il lamento di albergatori spiaggiati, di gestori ancorati al passato, di professionisti disillusi che, a forza di pacche sulle spalle l’un l’altro, godono immensamente nel cercare tra di loro chi è più bravo a tirare fuori numeri, prospettive e scenari catastrofici.

Ecco, io sono stanco di questo! Allora leggendo questi commenti mi sono ricordato di un film degli anni ’70 “Quinto Potere” dove l’anchorman Howard Beale nel suo migliore speech televisivo ricordava a tutti che se avessero voluto che qualcosa cambiasse dovevano in quel medesimo momento alzarsi aprire la finestra e gridare a squarciagola:


“Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più!”

Si! Non accetterò più di piangermi addosso, non accetterò più le negatività tese all’autodistruzione. Piangersi addosso è solo la scusa per non fare, la scusa per restare nel passato: “abbiamo fatto sempre così!”.

Vogliamo essere gli artefici del nostro futuro? Allora: “Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più!

La tendenza della domanda a Roma sta registrando una spinta positiva che indica ad una lenta, ma costante ripresa. Come tutti auspicavamo ed immaginavamo, le persone dopo 2 anni di segregazione nelle proprie case, nelle proprie città hanno voglia di ripartire, di viaggiare.

Il “bisogno” la “necessità” dell’essere umano, così come descritto da Maslow e nella sua accezione più moderna indica che tra i bisogni secondari, c’è quello di viaggiare.

Partendo da questo presupposto, viene alla luce la necessità oggettiva di un cambiamento rispetto all’offerta turistica conosciuta fino ad oggi (ad esempio della città di Roma), alla quale unire la conoscenza del mercato, dei mercati, di riferimento, che deve guidare le scelte individuali di azienda e più ampiamente le scelte di Governo delle destinazioni a ideare, creare e realizzare le risposte alle esigenze del turista, del viaggiatore.

Ancor prima di questo, mi piacerebbe, che l’italica arte del lamento alla ricerca di un colpevole, mutasse in consapevolezza delle nostre capacità delle nostre competenze, mutasse in consapevolezza della potenza turistica che il nostro bistrattato stivale ci regala ogni giorno e che milioni di turisti di viaggiatori, ambiscono a visitare almeno una volta nella loro vita.

I voli Alitalia di un tempo, si concludevano con una parola: “Arrivederci”. Cominciamo da qui cambiamo la parola ed iniziamo ad utilizzare:

Proviamo ad analizzare cosa è accaduto dal 1° gennaio al 16 marzo di quest’anno, come vediamo qui di seguito, il comportamento del prezzo su tutta la destinazione “Roma” è rimasto più o meno stabile segnando una tendenza di continuità.

Vediamo però, contrariamente al lamento ricorrente, che la tendenza della domanda disegna una linea in crescita costante, di certo lontana dai valori che avevamo imparato a conoscere, ma pur sempre in crescita.

Se imparassimo tutti a guardare sempre il bicchiere mezzo pieno, invece che mezzo vuoto, mantenendo sempre i piedi ben ancorati al terreno, diventeremmo persone, professionisti, imprenditori, cittadini migliori.

Benvenuti nel mio obiettivo post pandemia!

Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più!

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Io sono immortale!

Si, hai letto bene, io sono immortale!

Non ho detto che sono folle, ho detto che sono immortale!

Ecco come inizio le mie lezioni all’Università, raccontando che sono immortale. Dopo un iniziale e comprensibile imbarazzo iniziano le prime domande per comprendere esattamente a cosa mi riferisco.

Insegnare, ovvero il trasferire le proprie conoscenze a chi ti ascolta, è lasciare un segno nelle menti di chi ti ascolta, è imprimere per sempre concetti, esperienze, conoscenze, errori, successi che chi li espone incide nelle menti di chi ascolta.

La responsabilità di chi trasferisce è elevatissima, si ha l’arduo compito di formare le menti del futuro, coloro i quali saranno la prossima classe dirigente, coloro i quali metteranno in pratica gli insegnamenti ricevuti.

Ecco, questo per me significa immortalità, lasciare un segno negli studenti auspicando che il lavoro di trasferimento fatto sia proficuo per la loro vita personale e professionale, e a loro volta trasferiscano quanto appreso alle future generazioni.

Era il 1992, ero negli Stati Uniti e frequentavo l’Oxnard College in California, ero li per perfezionare la lingua inglese ed i corsi prevedevano altri temi oltre alla grammatica, alla lettura e comprensione della lingua, scelsi allora due corsi a primo impatto interessanti, e così fu: “English Roots” e “Public Speaking”.

Tutte e due le materie erano insegnate dallo stesso Professore: il Prof. Synclair Wall. Un personaggio sopra le righe che aveva viaggiato in tutto il mondo insegnando in tantissimi Paesi. Non so se fosse più eccitato lui ad avere uno studente italiano nel suo corso (non aveva mai insegnato in Italia), oppure lo ero io per il suo modo molto particolare di insegnare.

Fui molto preso da questi corsi, non erano i soliti corsi con il Professore e gli Alunni, ma erano un turbinio di esperienze condivise, una classe con studenti provenienti dai più remoti angoli del mondo: Italia, Vietnam, Messico, Israele, Spagna, Russia, Filippine, e molti altri ancora.

Class 1992 – Alumni Public Speaking – Oxnard College, Ventura County, California, United States

Il metodo del Prof. Wall era all’avanguardia, noi studenti non studiavamo, apprendevamo, il Prof. Wall ci aveva (in)segnato ad apprendere, ci aveva indicato come stimolare la curiosità e non solo “subire” i concetti. Un metodo che mi sento di dire distante dal modello educativo americano, almeno di quei tempi, dove la specializzazione professionale era la massima ambizione a discapito della curiosità culturale che ti spinge oltre il concetto e ti immerge nel “perché” delle cose.

Ricordo ancora l’esame finale del corso di “Public Speaking”: ogni studente aveva 15 minuti per raccontare agli altri il suo Paese di provenienza. Sin dall’inizio del corso si era instaurato tra me ed il Prof. Wall un’ottima sintonia, per l’esame mi chiese di andare oltre.

Mentre tutti gli altri ragazzi si attennero alle indicazioni ricevute, il Prof. Wall mise a mia disposizione un videoregistratore, uno schermo ed una carta geografica dell’Italia.

Il Prof. Wall mi autorizzò a sforare i 15 minuti, presentai la mia città, Roma, attraverso un viaggio virtuale (purtroppo ancora non esisteva la realtà aumentata e mi dovetti accontentare di una videocassetta) sui Sette Colli, attraversando le Strade Consolari, partecipando alle gare al Circo Massimo e alle lotte dei Gladiatori nel Colosseo, superando il “Biondo Tevere” per recarci con un balzo temporale, dall’altra parte del Fiume in Vaticano, passando prima per Castel Sant’Angelo, prigione ed al tempo stesso rifugio del Papa in caso di attacco alla città di Roma, un racconto di un viaggio virtuale che durò quasi 1 ora.

Quei mesi con il Prof. Wall e quell’ultima ora al suo fianco hanno segnato moltissimo il mio modo di esporre, presentare ed insegnare. Ancora oggi ritrovo in ogni lezione, in ogni presentazione, in ogni discorso in pubblico, la stessa adrenalina, la stessa forza e lo stesso modo coinvolgente appreso dal Prof. Wall nel 1992.

A suo modo il Prof. Synclair Wall mi ha fatto scoprire come diventare immortale.

Spero di avere la stessa capacità che il Prof. Wall mi ha regalato, nei confronti dei miei studenti.

Prof. Synclair Wall
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“Ciao a tutti! Sono un ragazzo di 22 anni e vorrei aiutare altri host tramite le competenze che ho acquisito in questi due anni di pandemia con i 2 corsi online acquistati inerenti al mondo degli affitti brevi.”

Così iniziava un post in cui mi sono imbattuto qualche giorno fa su un gruppo abbastanza conosciuto in Facebook.

Questo ragazzo, che chiameremo “Shabun”, si propone al mondo degli host come un “conoscitore di questo mondo a 360°, e può darvi consigli di qualunque tipo”.

Il suo approccio è dei più classici e tradizionali, a breve lo vedremo in splendide fotografie a bordo piscina sorseggiando champagne, o all’interno di aerei privati intento a leggere una copia di Fortune, o percorrendo qualche boulevard a bordo di una Lamborghini. Avete centrato il tipo, il classico modello di marketing a cui molti oggi si riferiscono per acquisire clientela ignara, si colpisce al cuore dichiarando che si era alla canna del gas, poi d’improvviso scatta l’illuminazione dal Monte Olimpo che ci apre a questa o a quell’industria dove con investimento pari a zero, ed in pochissimo tempo si padroneggia il mercato.

Ecco, Shabun è uno di questi ragazzi, molto legati all’apparire poco coscienti dell’essere.

È stato molto divertente lo scambio di messaggi con Shabun, classico nella sua evoluzione. Inizia con un bel “ce l’ho più lungo io” indicando i suoi risultati un’occupazione al 69% su Novara ed un 73% su Trieste, dichiarando che ha raggiunto questi risultati “nei mesi di pandemia”.

Iniziamo un’analisi su questo punto:

  • Come ben sappiamo, a prescindere dalla pandemia, i dati di occupazione non sono indicativi di ottime performances (questo ce lo hanno detto all’open-day di qualsiasi corso sul Revenue Management), le domande che potremmo fare rispetto a questi dati sono molteplici:
    • Che tariffa di vendita?
    • Che inventario?
    • Che tipologia di struttura?
    • Che segmenti?
    • Che…
  • Un’altra domanda spontanea è: che significa “durante i mesi di pandemia”? Se vogliamo dare una data di inizio della pandemia la possiamo racchiudere tra la fine di gennaio ed i primi di marzo del 2020, ovvero da quando abbiamo avuto i primi segnali internazionali e quando siamo entrati in lockdown. Mi viene quindi da pensare che nel periodo Marzo-Maggio 2020 la sua occupazione sia stata pari a “0%”, abbiamo poi un Giugno-Ottobre 2020 dove solo il mercato italiano si è mosso e richiudiamo in lockdown ad Ottobre 2020 per riaprire a macchia di leopardo nelle diverse regioni ma di certo con clientela totalmente nazionale. Si è ricominciata a vedere un po’ di luce a partire dalla seconda metà di Giugno 2021. È vero, questo è stato il comportamento registrato a Roma, ma avrei tanta meraviglia nello scoprire che Novara e Trieste possano avere avuto comportamenti più virtuosi in occupazione rispetto alla Capitale.
  • Se poi, e qui sono nel campo dell’ipotesi, i dati descritti sono frutto di contratti di affitto transitori che possono aver aiutato a non soccombere, allora sarebbe un’altra storia, ma non credo sia questo il vero succo del “ce l’ho più lungo io”.

Passa poi ad indorare la pillola del suo mercato di riferimento, tentando una posizione empatica nei confronti dei suoi clienti target, dichiarandosi molto aperto all’apprendimento in quanto in “questo mondo c’è molta confusione ed insicurezza”. Il ragionamento però stride, Shabun dichiara di “conoscere il business a 360°”, ma allo stesso tempo “non è il saputello che ha sempre ragione”.

Il prossimo spunto è molto divertente in quanto definisce la dichiarazione di sua incapacità andando a toccare punti fuori tema e cercando di affossare agli occhi altrui chi si è permesso di metterlo in discussione. Esalta la sua forza di ventiduenne teso all’apprendimento ed allo studio, indicando la controparte come dedita all’uso degli stupefacenti vivendo una vita dissoluta. Ecco, questa è la dichiarazione più lampante di chi non avendo contenuti, non riesce più a contrastare le idee ma attacca sul personale. Peccato che il povero Shabun non fosse a conoscenza che tale tecnica è palesemente arcaica ed anche un ragazzo di 10 anni sa come rispondere.

Pensa Shabun, circa venti anni or sono, qualcuno, di certo più preparato di te, non riuscendo a contrastare le idee che esponevo in tema di Revenue Management mi disse: “..e tu quanto guadagni?”, altro fantastico tentativo di misurare “chi ce l’ha più lungo”, andato ovviamente sprecato anche per il tuo predecessore.

La chiosa del nostro amato Shabun è esilarante! Uno sguardo alla comicità tradizionale e imperitura del nostro cinema: Massimo Troisi in “Non ci resta che piangere” – Ricordati che devi morire…lo ammoniva il frate…

Shabun mi ricorda che “alla mia età dovrei stare con la famiglia invece che stare su Facebook”. Ecco, qui si è raggiunto il livello massimo dell’ilarità e dell’assenza di contenuti.

Vi lascio alla lettura dei nostri scambi episotolari.

Vorrei sottolineare, però, alcuni aspetti molto sconcertanti che nulla hanno a che fare con la giovane età di Shabun e con la sua voglia di conquistare il mondo (tra l’altro molto apprezzabile), e sono i comportamenti di coloro i quali sostengono questo tipo di approccio all’industria turistico-ricettiva.

Molti considerabili “adulti” hanno applaudito al comportamento di Shabun, una di questi ha anche sottolineato positivamente il piglio ineducato in cui è caduto Shabun dichiarando il suo apprezzamento.

Il massimo del minimo si è però raggiunto con la certificazione di un amministratore di questo gruppo al tono ed all’imperizia nel condividere conoscenza di Shabun, con successiva inibizione alla pubblicazione di un mio successivo intervento.

Ecco, la vera sconfitta è questa, l’approvazione di indicazioni non corrette che inducono ignari host a seguire percorsi a volte anche illegali, che vengono supportate da chi si dichiara professionista ovvero da chi alla guida di un gruppo con oltre 2.100 membri, supporta la diffusione di confusione, di abusivismo, di illegalità, di non professionalità.

Ragazzi, l’arte dell’ospitalità è tutta un’altre cosa!

PS: Dopo aver visto il post cancellato (da Shabun o dall’Amministratore del gruppo?), dopo l’inibizione del mio post verso Shabun, sto ancora aspettando da quest’ultimo i dati delle sue performances di Novara e Trieste, attendo con fiducia!